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Il modello di crowdfunding equity based

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Ad oggi, nonostante le numerose piattaforme di crowdfunding attive sul mercato, manca una proposta dal taglio specificamente cooperativo. Inoltre, le cooperative presenti su tali piattaforme sono orientate a finanziare singoli progetti e iniziative attraverso il modello delle donazioni tralasciando, per ora, la possibilità di avviare un vero e proprio percorso di equity crowdfunding.

Le ragioni di questo gap da colmare sono in parte spiegabili con fattori di ordine culturale che si riflettono sulla prassi statutaria.

La differenza culturale tra le due forme diverse di imprese di capitali rappresenta, come noto, un fattore di estrema importanza. Nella forma cooperativa l’interesse allo scambio mutualistico e quindi l’interesse dei soci cooperatori, prevale infatti rispetto agli interessi di natura lucrativa. Questo retroterra ha comportato nei fatti uno scarso ricorso agli investimenti in equity.

Sotto il profilo del diritto cooperativo invece si evidenziano due elementi principali di anomalia rispetto agli investimenti nelle altre società di capitali sui quali vale la pena di soffermarsi. Si tratta del tema del diritto di voto e della presenza di riserve indivisibili all’interno delle imprese in forma cooperativa.

Per quanto riguarda il diritto di voto nelle cooperative, ai possessori degli strumenti finanziari non può essere attribuito più di un 1/3 dei voti spettanti all’insieme dei soci presenti ovvero rappresentati in ciascuna Assemblea Generale (ART 2526 C.C). Ne consegue che i diritti amministrativi, e quindi la presenza dei finanziatori negli organi sociali, sono giocoforza limitati e oltre una certa soglia non riflettono l’importo investito nel capitale di rischio. Il tema del diritto di voto nelle cooperative non sembra rappresentare comunque un ostacolo in grado di impedire il ricorso all’equity crowdfunding poiché, per quanto riguarda i soci finanziatori, i voti sono proporzionali al conferimento, diversamente da quanto avviene per i soci cooperatori per i quali vige il principio “una testa un voto”. Semmai si pone un tema di strumenti idonei a gestire una governance ancora più frastagliata. Le cooperative dovrebbero in questo senso istituzionalizzare l’uso di strumenti informatici, sempre più utilizzati nella fase di lock down, per gestire con più efficienza e tempestività assemblee a distanza.

Per quanto attiene invece il tema delle riserve indivisibili dei soci, i diritti patrimoniali dei soci finanziatori non si estendono come noto alle riserve indivisibili. (art 2545 c.c.). La regola non impedisce future creazioni di specifiche riserve divisibili destinate ai soci finanziatori, riserve che dipendono tuttavia dalla capacità della cooperativa di generare utili. In assenza di utili è infatti vietato remunerare il capitale del socio finanziatore. Tale principio è però mitigato da quattro considerazioni: a) è possibile per i soci finanziatori prevedere un obbligo per statuto di distribuzione degli utili da parte dell’assemblea. b) In caso di insufficienza dell’utile di esercizio, la remunerazione può essere recuperata negli esercizi successivi c) il valore delle azioni di socio finanziatore può essere ridotto in conseguenza di perdite con diritto alla postergazione rispetto al capitale sociale dei soci cooperatori d) in caso di scioglimento della cooperativa, le azioni di socio finanziatore sono rimborsate con priorità rispetto alle azioni dei soci cooperatori, per il loro intero valore.

C’è chi evidenzia un’ulteriore anomalia rispetto agli investimenti nelle cooperative. Si tratta della difficoltà nel determinare con esattezza la quota del capitale sociale dato in cambio dell’investimento. Infatti, un’indicazione puntuale della percentuale è un fattore che aiuta l’investitore ad avere maggiore certezza rispetto al proprio investimento. Anche questo tema, tuttavia, non sembra rappresentare un ostacolo perché è comunque possibile specificare nell’offerta di investimento il capitale sociale relativo all’ultimo bilancio chiuso dalla cooperativa. In questo modo è possibile fornire una fotografia statica dell’entità del capitale sociale.  Inoltre, in presenza di limiti di voto previsti per i soci finanziatori, il tema della percentuale di capitale sociale rilevato acquisisce comunque un rilievo marginale.

A conclusione di quanto detto, le anomalie di cui sopra non sembrano impedire investimenti in cooperative tramite lo strumento dell’equity crowdfunding. C’è di più. Le cooperative presentano rispetto alle S.r.l. tradizionali anche un importante vantaggio legato principalmente al tema dell’exit. Nelle S.r.l. tradizionali, infatti, “uscire” per un investitore è più difficile che nelle cooperative le quali, grazie al principio della “porta aperta” prevedono un ricambio dei soci molto più veloce, semplice e meno oneroso.

Per percorrere la strada dell’equity crowdfunding e passare dalla teoria all’azione servirà quindi far leva sull’ampia autonomia statutaria e regolamentare del mondo cooperativo cercando di adattare i regolamenti dei soci finanziatori in una logica di equity crowdfunding.

L'autore

Marco Busetto
Appassionato di innovazione, startup e finanza, Marco Busetto lavora per Genera S.p.A., una società che investe in imprese innovative di interesse cooperativo, come Business Development Manager e analista di investimenti.