In questi giorni sul web sono apparsi alcuni articoli sulle startup. Ci pare interessante offrire anche un nostro contributo al dibattito.
C. Castelli e F. Schivardi, “Le start-up ai tempi della crisi”, lavoce.info, 13/02/2015 (http://www.lavoce.info/archives/33029/start-up-tempi-crisi/)
L’articolo è un’analisi su dati Cerved della nascita di nuove imprese in questo periodo di crisi.
Viene utilizzato il termine startup nella sua definizione letterale, fatto che può confondere in quanto nell’accezione corrente in Italia si fa riferimento alle startup innovative, come nuove imprese high tech, e nella letteratura internazionale alle innovative startup, aziende a crescita rapida grazie all’introduzione di innovazione tecnologica.
Si rileva come esse tendano ad essere sempre più piccole, scarsamente capitalizzate e con una difficoltà ad attrarre capitali di rischio e di credito sul mercato. Una delle conseguenze è quindi quella di non riuscire a trasformarsi in piccola e media impresa, rimanendo, in buona parte, micro imprese (nano-startup) o a chiudere.
La nuova normativa sulle srl a capitale ridotto (un euro) avrà anche fatto aumentare il numero di società costituite, ma non ha certo contribuito al loro rafforzamento e, si può presumere, all’attrazione di capitali terzi.
Su http://blog.startupitalia.eu/unioncamere-3200-startup-ma-ancora-troppe-difficolta/ l’articolo redazionale “Unioncamere: 3200 startup, ma ancora troppe difficoltà” riporta come dal 2012 si siano iscritte alla Sezione Speciale del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio 3.200 startup innovative, per circa il 40% nel terziario tecnologico e per il 17% nella ricerca&sviluppo. Denotano, tra le problematicità, la mancanza di capitale necessario allo sviluppo, la difficoltà ad accedere al credito bancario, la lentezza delle procedure amministrative. Tra i fattori positivi si osserva che il 23% circa ha come riferimento commerciale il mercato internazionale.
Sempre StartupItalia, a firma di Arcangelo Rociola (http://blog.startupitalia.eu/magnifico-lventure-perche-le-startup-in-italia-non-creano-lavoro/ ) in un’intervista a Roberto Magnifico di LVenture, rileva, riferendosi al report di Unioncamere, la difficoltà nel fare incontrare domanda ed offerta di lavoro qualificato, attribuendone la causa a fattori culturali dei potenziali neo-imprenditori (aspettative economiche disallineate, carenza di senso dell’imprenditorialità e di determinazione).
Le argomentazioni riportate ci fanno riflettere sull’utilità (e le difficoltà connesse) del progetto sperimentale Coopstartup, promosso da poco più di un anno da Coopfond (fondo mutualistico di promozione e sviluppo di Legacoop) per la promozione di startup innovative cooperative in particolare tra le giovani generazioni (www.coopstartup.it con particolare attenzione alla Guida per le startup cooperative). È un tentativo di coniugare la forma cooperativa con un incremento occupazionale di qualità, stabile e legato all’innovazione (non solo high tech).
La cooperativa ordinaria o innovativa, che parte da un minimo di tre soci per poi crescere nel tempo, deve affrontare tutte le problematiche rilevate negli articoli citati. Nasce da soggetti non particolarmente abbienti, che si mettono insieme per realizzare una propria idea imprenditoriale, con l’obiettivo che cresca, produca reddito e duri nel tempo. La cooperativa è abitualmente legata a un territorio (ciò non pregiudica la presenza anche sui mercati internazionali), tende a fare rete con altre realtà e si inserisce in un sistema cooperativo di supporto aperto e interattivo.
Col progetto Coopstartup si intende sperimentare un processo che riduca i fattori critici che spesso caratterizzano l’elevata mortalità nei primi anni di vita di una startup; aiuti i promotori con percorsi di formazione e accompagnamento che incrementino le proprie competenze professionali e la loro cultura imprenditoriale; sviluppi relazioni con imprese cooperative più solide in grado di fornire supporto in base alla condivisione di comuni valori e all’interesse per lo sviluppo di filiere di attività; inserisca la startup in un sistema di supporto finanziario cooperativo (capitale e credito) che consenta di attrarre anche altri investitori e favorisca l’intervento degli istituti di credito.
Il progetto si è concentrato molto su percorsi di accompagnamento pre e post startup (fino a 36 mesi dalla costituzione della cooperativa) e sta approntando specifici e incentivanti strumenti di supporto professionale, formativo e finanziario.
Crediamo che questa impostazione possa attrarre da un lato professionalità qualificate che scommettano nella realizzazione di un’impresa durevole nel tempo, in cui i soci siano protagonisti con la propria professionalità e con il proprio apporto lavorativo e di idee e non solo per il capitale, puntando a una crescita sostenibile e quindi durevole; dall’altro lato, può sollecitare investimenti da parte di soggetti cooperativi e non, interessati a una valorizzazione costante ed equilibrata del proprio intervento e a una rete cooperativa di supporto finanziario e professionale in grado di limitare alcuni fattori di rischio. Questi elementi sono importanti per la sostenibilità dell’impresa e costituiscono un presupposto necessario per evitare il nanismo imprenditoriale (in una realtà economica già troppo frammentata) e uno sviluppo, anche dimensionale, equilibrato.
Per tutti questi motivi siamo molto interessati al dibattito che si sta sviluppando su questi temi nella rete e speriamo di poter ricevere suggerimenti per migliorare ulteriormente la nostra sperimentazione.
Alfredo Morabito
info@demo.coopstartup.it
