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Perché la cooperazione è uno sport di squadra

Cooperazione  
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Le parole gruppo o squadra, a volte, appaiono come sinonimi. Ma pare più corretto utilizzarle nel loro vero significato, soprattutto in tema di rapporto collaborativo all’interno della nostra cooperativa.

La differenza sostanziale tra i due concetti sta nella condivisione degli obiettivi.

Quando parliamo di gruppo, infatti, ci riferiamo una determinata quantità di persone che svolgono funzioni analoghe e condividono lo stesso ambiente e/o gli stesi mezzi, ma che realizzano le loro funzioni in modo individuale e senza che il lavoro di uno dipenda dall’altro.

Al contrario, la squadra, è costituita da un gruppo di persone che lavorano tutte per raggiungere lo stesso scopo (cooperativo), dove il risultato del lavoro dipende dalla collaborazione di tutti (la c.d. interdipendenza). I suoi membri, infatti, non lavorano in modo esclusivamente individuale ma anche interagendo insieme.

Questa premessa ci ricorda che esiste un metodo con cui operare all’interno delle cooperative definito cooperative learning che si concentra proprio sulla creazione di una squadra e non di un semplice gruppo di lavoro.

Identificate le differenze e le analogie di cui sopra, siamo pronti a riconoscere come l’atteggiamento adeguato alla gestione cooperativa sia quello di un’unica squadra che persegua gli obiettivi condivisi, mediante l’impulso di un organo amministrativo eletto democraticamente e fondato sulla sua autorevolezza.

Un parallelo efficace, per meglio rendere questo concetto qualitativo, è quello tra cooperazione e sport di squadra.

Gli sport di squadra, infatti, evidenziano la cooperazione che si instaura fra i membri del gruppo, fondata sul principio di interdipendenza positiva e di responsabilità personale, facendolo appunto diventare la squadra.

A tal proposito, lo sport della pallavolo, si configura come una disciplina modello in grado di operare attraverso il delicato equilibrio fra cooperazione e competizione.

Mauro Berruto, ex allenatore della Nazionale Italiana di pallavolo, spiega efficacemente questo equilibrio nel seguente modo.

In un mondo dove il campione è colui che risolve le partite da solo, la pallavolo, cosa si inventa? Se uno ferma la palla o cerca di controllarla toccandola due volte consecutivamente, l’arbitro fischia il fallo e gli avversari fanno il punto.

Diabolico ed antistorico: il passaggio come gesto obbligatorio per regolamento, in un mondo che insegna a tenersi strette le proprie cose, i propri privilegi, i propri sogni, i propri obiettivi.

Non c’è nessuno che può schiacciare se non c’è un altro che alza, nessuno che può alzare se non c’è un altro che ha ricevuto la battuta avversaria.

Una fastidiosa interdipendenza, che tanto è fondamentale per lo sviluppo del gioco, che rappresenta una perfetta antitesi del concetto con cui noi siamo cresciuti e che si fondava sulla legge: ‘La palla è mia e qui non gioca più nessuno’.

Infine, ci si mette anche il punteggio e il suo continuo riazzeramento alla fine di ogni set. Ovvero, pensateci: hai fatto tutto benissimo e hai vinto il primo set? Devi ricominciare da capo nel secondo. Devi ritrovare energia, motivazioni, qualità tecniche e morali.

Quello che hai fatto prima (anche se era perfetto) non basta più, devi rimetterlo in gioco.

Viceversa, hai perso il set precedente? Hai una nuova oggettiva opportunità di ricominciare da capo.

È evidente come la pallavolo esprima attraverso il suo gioco significati e metafore a cui non si può rimanere insensibili.

Negli sport di squadra, dunque, il risultato e la qualità della prestazione dipende non solo dal contributo isolato dei singoli, ma soprattutto dal gioco interattivo dei compagni, titolari e riserve, e degli avversari.

Allo stesso tempo, però, in vista di un obiettivo comune, i giocatori sono chiamati ad allenarsi individualmente con costanza sfidando in primo luogo sé stessi, accompagnati dallo sforzo di  migliorarsi ogni giorno.

Ciò sviluppa una forma particolare di competizione interiore, ovvero la spinta che induce a fare sempre meglio e a porsi continuamente obiettivi di perfezionamento tecnico e personale.

Che tu sia libero o schiacciatore sei, comunque, un cooperatore….

L'autore

Marco Palma
Marco Palma è di Rimini ma vive a Bologna e si occupa di legislazione del lavoro, nonché di diritto societario cooperativo in Legacoop Bologna a partire dal 1991. Ha esperienza nell’attività di start-up cooperative accompagnando i nuovi cooperatori nei loro percorsi di esperienza, partendo dalla valutazione della business idea, passando attraverso la costituzione della cooperativa, con successiva supervisione nella gestione mutualistica dell’impresa.