Condivido un breve pensiero che rimanda ad un libro di successo di Ivano Barberini, ispirato dal volo del calabrone, dove si descrive la sostanza stessa della mentalità cooperativa: quella che pone al centro la persona, il benessere collettivo, l’uguaglianza e la solidarietà.
La cooperativa, infatti, è un’impresa che deve essere in grado di competere nel mercato sia sul piano economico sia su quello culturale.
Per fare ciò, Barberini si avvale, appunto, di una suggestione per cui il calabrone non potrebbe volare ma lo fa perché non sa di questo suo limite. Un bell’elogio alla follia.
Ma quella descritta, in fondo, è una leggenda, per quanto affascinante. Il calabrone, infatti, non viola alcuna legge fisica, ed è stato dimostrato nel 2005 attraverso una serie di riprese ad alta velocità sulla meccanica alare del calabrone.
Esso ha un battito d’ali pari a 230 battiti al secondo che gli consente di ottenere una spinta sufficiente a mantenerlo sospeso in aria, oltre che ad un movimento alare inconsueto che contribuisce a generare portanza.
Il movimento alare del calabrone, infatti, non è semplicemente un battito d’ali, ma un movimento molto più complesso, che comporta la torsione e l’oscillazione delle ali per creare una spinta che non sarebbe ottenibile con un semplice battito.
Il calabrone, quindi, può volare, e non viola alcuna legge fisica o aerodinamica. Lui, il calabrone, non si è mai posto il problema, ma questa leggenda continua ad affascinarci.
Ma io non sono affatto deluso nello scoprire ciò. Anzi!
La cooperazione sa perché sa volare, nonostante il suo peso fatto di contenuti mutualistici da soddisfare. Perché sa di dover compiere quello sforzo alare complesso e faticoso. Insomma, sa farsi carico…
E questo mi piace ancora di più della suggestione data dal fatto del perché non sa di poterlo fare.
La consapevolezza vince l’inconsapevolezza espressa nella leggenda e la fatica (un movimento alare complesso…) rende la cooperazione un cargo in volo stracarico della sua funzione economica e sociale.