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Il consigliere “utile” e “necessario”

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È di tutta evidenza che il consiglio di amministrazione di ogni cooperativa, avendo il compito di provvedere a tutti gli atti di gestione nell’interesse dell’impresa ed, allo stesso tempo, quello di attuare il vantaggio mutualistico atteso dai soci, sia costantemente impegnato in un difficile esercizio di equilibrio.

I consiglieri, in particolare, sono in maggioranza soci della loro cooperativa con l’evidente sdoppiamento di visione tra ciò che è utile e vantaggioso in quanto socio e quanto è, invece, necessario per la gestione collettiva dell’impresa sociale.

A tale proposito, è naturale che il socio sia propenso a valutare prioritario il proprio vantaggio cooperativo rappresentato dal valore economico dello scambio mutualistico, dall’ammontare del ristorno, nonché dalla remunerazione della propria quota sociale.

A questo giusto interesse, ma che è allo stesso tempo egoistico, si contrappone quello della cooperativa ad essere patrimonializzata, dotata di riserve adeguate e dotata di risorse proprie necessarie per gli investimenti. Conseguenza di quanto sopra descritto, è che il socio è propenso a valutare il vantaggio dell’oggi, ponendo, spesso, in secondo piano la visione della continuità aziendale della cooperativa garantita proprio dagli elementi sopra descritti.

Al contrario, l’amministratore della cooperativa ha l’immediato compito di rendere efficiente ed economica la gestione mutualistica aziendale e ciò, prima di tutto, proprio per continuare nel tempo a garantire il vantaggio mutualistico dei soci.

Non pensiamo forse che all’amministratore, in quanto socio, sarebbe gradito il massimo del ristorno o la liquidazione di un prezzo più alto per il suo prodotto conferito? Un premio una tantum se socio lavoratore? Certamente si. Ma dovendo valutare, in primis, l’interesse della cooperativa e preservarne la continuità aziendale rinuncerà ad ascoltare il brontolio della propria pancia per seguire, piuttosto, ciò che la ragion cooperativa impone al suo ruolo come priorità di sopravvivenza ma anche di successo.

Ecco allora emergere le doti di quei consiglieri che riescono a mantenere l’equilibrio descritto tra interesse del socio e quello della cooperativa, spiegare e convincere, quando è necessario, che non si può dare di più  al socio perché l’ impresa collettiva  necessita di risorse per continuare a competere.

Il DNA cooperativo, del resto, è quello di avere imprese non speculative, ossia che non puntano al profitto ma all’economicità della gestione mutualistica nel soddisfare i bisogni del socio in funzione dello scambio mutualistico di lavoro, di consumo o di apporto di beni o servizi secondo i canoni del Codice Civile.

Per questo motivo, l’organo amministrativo perseguirà obiettivi anche economici, puntando ad un positivo avanzo di gestione dopo aver assolto allo scambio mutualistico vantaggioso per i soci. Illustrare con efficacia il perché di scelte equilibratrici tra gli interessi (definibili contrapposti) tra i soci e la loro cooperativa, pertanto, è l’ulteriore compito politico-aziendale che contraddistingue un buon consiglio di amministrazione.

Resistere e, casomai, contrapporsi alle richieste predatorie (si, c’è scritto predatorie!)  da parte dei soci è forse uno dei compiti più difficili per un consigliere e specie per il Presidente, essendo che i consiglieri scadono ogni tre anni e l’organo amministrativo è spesso sotto ricatto dell’urna elettorale.

Ma tenere sotto il ricatto  assembleare il consiglio di amministrazione può non essere una buona idea se solo si considera che le cooperative sono aziende complesse anche quando sono di piccole dimensioni e che si muovono in mercati di riferimento comunque difficili e, talvolta, destrutturati.

I consiglieri sono spesso dei soggetti unici per caratteristiche personali e professionali e, per così dire, dei fuoriclasse positivamente attratti dal mondo cooperativo. Come tali, determinano il successo di molte imprese mutualistiche, perseguendo al contempo l’interesse del socio. Per questo, un eventuale ricatto elettorale a fronte di un vantaggio ritenuto insoddisfacente, magari per le citate ragioni predatorie, potrebbe non essere, appunto, una buona idea.

L'autore

Marco Palma
Marco Palma è di Rimini ma vive a Bologna e si occupa di legislazione del lavoro, nonché di diritto societario cooperativo in Legacoop Bologna a partire dal 1991. Ha esperienza nell’attività di start-up cooperative accompagnando i nuovi cooperatori nei loro percorsi di esperienza, partendo dalla valutazione della business idea, passando attraverso la costituzione della cooperativa, con successiva supervisione nella gestione mutualistica dell’impresa.