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Intervista al Prof. Mario Sorrentino di Startup Lab

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Tra le cose che più ci hanno colpito dell’esperienza di “Startup Lab” è che parlano di persone e più precisamente di: qualità della vita delle persone. Quando si immagina una startup, soprattutto se innovativa, si pensa subito alla tecnologia, a qualche strano sistema particolarmente complicato, oppure a un’idea rivoluzionaria che cambierà le sorti del pianeta. In pochi, in Italia, raccontano questa storia dell’innovazione e delle startup parlando di miglioramento della “vita delle persone”.
“Start up Lab” lo fa da Sud, grazie al lavoro e alle competenze professionali dei docenti e ricercatori del Dipartimento di Economia della Seconda Università di Napoli.
Abbiamo fatto una chiacchierata con l’ideatore di questo laboratorio per Startup, Mario Sorrentino, professore ordinario di Business planning e creazione di impresa, da oltre 25 anni impegnato nello studio e nel supporto dei processi di start up aziendale.


Sorrentino800x200Startup Lab nasce nell’Università di Napoli. Secondo lei sul tema startup, che ruolo dovrebbero avere le Università in un paese come l’Italia?

Un ruolo determinante, di stimolo all’imprenditorialità, di accelerazione e coaching e di creazione di network strategici per le neo-imprese. Il target è rappresentato non solo dai docenti e dai ricercatori, ma anche e forse soprattutto dagli studenti. Mentre sul primo fronte le Università si stanno attrezzando, su quello degli studenti in Italia c’è ancora molto da fare.

Che idea si è fatto della situazione italiana su questo tema. Che ruolo ha la retorica giornalistica e quanto invece concretamente questo gran parlare di innovazione sta portando dei risultati oggettivi?
In Italia si assiste ad una progressiva costituzione dell’ecosistema dell’innovazione – l’insieme di soggetti cruciali per far sì che le startup non solo nascano ma si sviluppino dimensionalmente accedendo al capitale di rischio esterno. L’ecosistema comprende senz’altro anche i giornali e la comunicazione in generale, che hanno a mio avviso un ruolo importante. Ai miei studenti di Business planning e creazione di impresa faccio leggere periodicamente newsletter, speciali giornalistici e altro. Sui risultati oggettivi siamo ancora agli inizi, purtroppo. Basta leggere i dati sul fatturato e sugli addetti delle startup innovative in Italia, purtroppo ancora deludenti.

Nelle presentazioni di “Startup Lab” si parla spesso di “persone”, “migliorare la vita delle persone”. Secondo lei “innovazione” vuol dire questo?
Guardi, l’elemento personale è fondamentale se si vuole avere a che fare con l’imprenditorialità e l’innovazione. Creare un’impresa è scelta di vita, che tocca tutti gli aspetti e le sfere psico-comportamentali di una persona. Allo stesso tempo, innovare o essere un soggetto che aspira a far parte della comunità che innova intercetta la personalità dei soggetti. Io, per esempio, sono un po’ restio alle innovazioni, probabilmente per un mio connotato caratteriale. Anche se poi le accetto e le utilizzo.

Che differenza c’è tra “innovazione tecnologica” e “innovazione sociale”?
Mah, da manuale la differenza è chiara. Tuttavia le due forme di innovazione che lei cita sono interconnesse. Le nuove tecnologie impattano sulla società e i cambiamenti sociali selezionano – accettandole o marginalizzandole – le nuove tecnologie. Gli studi sulla nascita e l’affermazione dei paradigmi tecnologici lo hanno ampiamente dimostrato.

Sono oltre 25 anni che lei è impegnato nello studio e nel supporto dei processi di startup aziendale. Esistono diverse competition, programmi, contest di sostegno alle startup, sono quasi tutti eventi super affollati di giovani che hanno idee e vogliono misurarle, testarle ed eventualmente svilupparle. Quanto tempo bisogna prendersi per capire se una startup avrà successo o meno?
Purtroppo per capire se una startup è di successo o meno ci vuole un bel po’ di tempo. Non è facile quantificarlo ma ci vogliono diversi mesi, in alcuni settori, e diversi anni, in altri. Quello che è invece più rapido è capire se una startup non avrà successo. I segnali dell’insuccesso emergono prima ed è importante – per i policy maker, per i promotori delle iniziative che lei cita – avere il coraggio di interrompere il processo per evitare agonie neo-imprenditoriali. Con riferimento alle iniziative di corporate venturing, ad esempio, in cui è l’impresa madre che promuove tante startup al suo interno, è fondamentale interrompere tempestivamente quelle che non hanno oggettivamente chance di affermazione. Al riguardo, ricordo un articolo scientifico il cui titolo era molto chiaro: “Corporate venturing: Knowing when to pull the plug”.

Il nostro progetto “Coopstartup” propone un modello che si rivolge a startup cooperative che intendano sviluppare un progetto duraturo. E’ un po’ in contrasto con la concezione diffusa di startup che deve portare al jackpot e alla vendita dell’idea alla grande multinazionale tecnologica. Noi parliamo di lavoro di qualità oltre che di idee di qualità. Lei cosa ne pensa?
Ritengo che il progetto Coopstartup risponda ad una precisa esigenza “di mercato”: accogliere le aspirazioni imprenditoriali di soggetti che hanno un profilo individuale meno aggressivo (imprenditorialmente parlando), ma diretto a creare imprese di qualità. Come vede, l’elemento personale torna centrale. Penso ai molti giovani di oggi, i millennials, che possono identificarsi in valori come l’amicizia, la solidarietà, l’affermazione professionale, tutti valori che la soluzione cooperativa ben rappresenta. Sono sicuro che CoopStartup avrà successo. E in questo caso in tempi brevi.


 

Chi è il Prof. Mario Sorrentino

Insegna Economia e gestione delle imprese e Business Planning e Creazione di Impresa. E’ direttore dello Start up Lab, delegato del Rettore al Trasferimento tecnologico, brevetti e spin-off, ex Responsabile della Sezione Interna Trasferimento tecnologico, brevetti e spin-off della SUN. In rappresentanza della SUN è attualmente Consigliere di Amministrazione di Technapoli, TechnoDistrict e BioStartNet Scarl. E’ inoltre Presidente del Comitato Tecnico Scientifico di NOI (Naples Open Innovation).

Componente del collegio dei docenti del Dottorato di Ricerca in “Imprenditorialità e innovazione”, ha approfondito i suoi studi alla Wharton School dell’Università della Pennsylvania. Da tempo si dedica allo studio dei temi dell’imprenditorialità e della creazione di nuove imprese; in anni più recenti ha dedicato l’attenzione a tematiche quali i business angel, gli spin-off da ricerca, i processi di trasferimento tecnologico, le imprese science-based con particolare riferimento alle biotech companies.

Negli anni ha pubblicato su Journal of Business Venturing, Journal of Management and Governance, Technology Analysis and Strategic Management, Economia & Politica Industriale, L’Industria. Nel complesso è autore di oltre 50 pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali ed internazionali e di 4 volumi con editori nazionali sui temi dell’imprenditorialità, delle nuove imprese, delle imprese science-based e delle imprese biotecnologiche italiane.

E’ stato Coordinatore o Responsabile di diversi gruppi di lavoro relativi a ricerche su temi quali i differenziali di costo derivanti da localizzazione, l’informal venture capital market italiano, gli spin-off da ricerca in Campania, l’industria biotecnologica italiana, l’imprenditorialità femminile. Tra le ultime pubblicazioni si segnalano la curatela “Le imprese biotech italiane. Strategie e performance” (2009), per i tipi de Il Mulino, il capitolo “Entrepreneurial issues in competitive strategy research” (2012), in G.B. Dagnino (ed.)., Handbook of Research on Competitive Strategy, Edwar Elgar Publishing, Cheltenham, UK. ed il capitolo (con D. Matricano) “Seconda Università di Napoli” (2012), in Spirito imprenditoriale e formazione d’impresa, a cura di R. Cafferata e G. Dossena, Il Mulino.